venerdì 2 marzo 2012

Aarto Paasilinna - Le dieci donne del Cavaliere


Arto Paasilinna, Le dieci donne del Cavaliere, Iperborea, Milano, 2011, pagg. 246
Titolo originale: Kymmenen riivinrautaa
Anno di prima pubblicazione: 2001
Traduzione di Marcello Ganassini
Voto: 5




Premetto che sono un ammiratore di Arto Paasilinna, e che mi sono letto con piacere tutti i romanzi che del maestro finlandese sono usciti in traduzione italiana (e sono ancora pochi, rispetto ad un’opera omnia decisamente molto ampia). Per questo, quando è uscito questo “nuovo” romanzo (nuovo cioè per noi italiani, anche se in realtà in patria è stato pubblicato già nel 2001), ero impaziente di leggerlo. Ed è per questo che la mia delusione è stata atroce: leggere un brutto romanzo può capitare, leggere un brutto romanzo di Paasilinna non mi era mai successo. Stavolta però fatico a salvare qualcosa da questo divertissement ripetitivo e inconcludente. Paasilinna abbandona i boschi e la dimensione bucolico-rurale, che da sempre gli è congeniale, per proporci un romanzo interamente ambientato in città (ad Helsinki), e l’“inurbamento” narrativo non dà frutti entusiasmanti: la trama segue le tracce di un attempato ma vitale magnate che, nonostante l’età, si concede numerose avventure erotiche, tanto che arriva ad avere nove amanti oltre, ovviamente, alla moglie tradita ma a suo modo amata (e così si arriva alle dieci donne del titolo). Dieci donne per lui posson bastare, ma anche per noi, e ne bastavano pure meno: in questo romanzo pieno di sesso (molto più che negli altri lavori dell’ex guardaboschi finlandese, forse anche troppo), si salta da un letto all’altro senza che succeda molto di più. Certo, viviamo col protagonista qualche disavventura divertente, ma molto meno che in altre opere; e il problema di questo romanzo sta proprio nel confronto con i precedenti lavori: chi leggendo questo libro si trova per la prima volta in mano un Paasilinna, potrà apprezzarne lo stile fluido, l’ironia soave e le invenzioni narrative, ma sappia che in tutte le altre opere disponibili in italiano questi ingredienti sono presenti in modo più massiccio, e usati in modo ben più organico e coerente. Qua, francamente, non capisco nemmeno se la vicenda va intesa soffusa di un velato maschilismo o di un velato femminismo, o se al contrario l’unico obiettivo è arrivare a fine romanzo in un modo o nell’altro, col protagonista che – inevitabilmente, con la condotta di vita un po’ troppo disinvolta che ha – finisce un po’ nei guai ma alla fine casca sempre in piedi. E questo è molto paasilinniano: la vita è una cosa troppo seria per prenderla sul serio, e chi la prende con leggerezza e spirito alla fine se la cava sempre. Solo che in questo romanzo a questa conclusione si arriva un po’ così, dopo 240 faticose pagine, per esaurimento delle risorse creative dell’Autore, la cui famosa fantasia vulcanica pare nell’occasione disperatamente inceppata. Lo prendo come un incidente di percorso (magari l’Iperborea ha scelto questo titolo più per il possibile riferimento – in realtà totalmente assente – a vicende di casa nostra più che per la bontà del lavoro): in rete non mi è mancato di incontrare recensioni positive, per cui è possibile che sia per colpa mia che stavolta non sono riuscire ad entrare nello spirito di un romanzo di Paasilinna. Non so, può darsi: sta di fatto che mi urge rileggere qualche perla del passato (I veleni della dolce Linnea, ad esempio, ma anche gli altri) per fare la pace con questo ottimo scrittore.

Saara fece notare che il Cavaliere era proprio un gran porcellone. Caciarone e gradasso, per di più, però almeno, grazie a Dio, era un uomo sposato, e non un inaffidabile farfallone. Perché nessuna donna che si rispetti accetterebbe di dividere con altre il suo uomo d’elezione.
(Pag. 110)

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