venerdì 12 luglio 2013

Björn Larsson - L’ultima avventura del pirata Long John Silver

Björn Larsson, L’ultima avventura del pirata Long John Silver, Iperborea, Milano, 2013, pagg. 72
Anno di prima pubblicazione: 2013
Traduzione di Katia De Marco
Voto: 7,5



Da quel che si capisce leggendo il colophon del libro, l’edizione italiana – Iperborea, come quasi sempre accade per i testi scandinavi – di L’ultima avventura del pirata Long John Silver addirittura precede (se mai ci sarà) quella svedese in lingua originale. Se è così, già da questo si capisce l’anomalia di questo libello esilissimo, una settantina di pagine che si legge in un’ora o poco più. Si fa fatica a parlare non solo di romanzo, ma anche di racconto: l’unità aristotelica di spazio e tempo in una scena la cui azione è affidata più che altro al dialogo ricorda tutt’al più un atto unico teatrale. Intendiamoci: La vera storia del pirata Long John Silver, di cui si è già parlato in queste pagine, è qualcosa di molto vicino ai confini del capolavoro. L’ultima avventura del pirata Long John Silver è invece una sorta di smilzo sequel, forse sarebbe meglio definirlo – come si fa in musica – come una out-take, una sorta di scarto di lavorazione del romanzo originale nel quale – più per difficoltà di inserimento nella trama che per valore artistico – non era riuscito a trovare spazio.

Insomma, dopo oltre quindici anni, eccoci niente di più che una piccola appendice sagace di La vera storia del pirata Long John Silver, che a sua volta era il seguito “apocrifo” di L’isola del tesoro di Stevenson. Il clima del racconto è quindi sempre quello: leggere L’ultima avventura senza aver letto prima La vera storia non darà assolutamente alcuna soddisfazione. Chi ha già letto La vera storia, invece, non sarà deluso da L’ultima avventura, nonostante le dimensioni ridottissime di questo testo. Il pirata Long John Silver, ormai in “pensione” e sempre più salgariano, si imbatte suo malgrado in un affarista inglese dedito al commercio di schiavi. E decide di dargli una bella lezione... È poco più che un raccontino, ma è divertente e scritto benissimo.

A scuola avevamo un cervellone che non faceva altro che scribacchiare. Avrebbe scritto dei capolavori, diceva, come Milton e Shakespeare, sai, la solita storia. E vuoi sapere che fine ha fatto? Si è dimenticato di vivere ed è morto di febbre cerebrale.
(pagg. 65-6)

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