venerdì 1 marzo 2013

Arto Paasilinna - Sangue caldo, nervi d’acciaio


Arto Paasilinna, Sangue caldo, nervi d’acciaio, Iperborea, Milano, 2012, pagg. 242
Titolo originale: Kylmät hermot, kuuma veri
Anno di prima pubblicazione: 2006
Traduzione di Francesco Felici
Voto: 8,5




Sangue caldo, nervi d’acciaio è il dodicesimo romanzo (e di certo non l’ultimo) di Arto Paasilinna – la cui bibliografia è molto più ampia – a venire pubblicato in italiano: per uno scrittore proveniente da una nazione “periferica” come la Finlandia si tratta sicuramente di un grande risultato, considerato anche che l’Italia non è la sola nazione straniera dove i suoi libri sono tradotti e letti con buon successo. Si tratta d’altra parte di un risultato meritato: sui dodici romanzi pubblicati in italiano, almeno undici meritano senz’altro la lettura (ho qualche riserva solo su Le dieci donnedel cavaliere, di cui abbiamo già parlato). I racconti di Paasilinna, e il suo modo di raccontarli, hanno sempre qualcosa di speciale. Paasilinna, un po’ come uno dei suoi connazionali più celebri, il regista Aki Kaurismäki, riesce a raccontare ogni tipo di storia, anche la più drammatica, con uno stile leggero e ironico che non è mai irriverenza ma voglia di non prendersi mai troppo sul serio, di affrontare serenamente ogni tipo di problema senza abbandonarsi mai allo sconforto, credendo nella forza dei sorrisi. In una nazione che primeggia nelle classifiche internazionali in merito al tasso di suicidi, Paasilinna – che si è occupato nello specifico anche di questo problema nello spiazzante Piccoli suicidi tra amici – ha quasi un ruolo terapeutico... D’altra parte, raccontare della Finlandia e, per così dire, della “finlandiesità”, è da sempre uno degli obiettivi, e delle caratteristiche principali, della scrittura di Paasilinna.

E Sangue caldo, nervi d’acciaio è probabilmente il romanzo più “finlandese” mai scritto da Paasilinna (almeno tra quelli tradotti in italiano). Una sciamana, nel 1917, ha una preveggenza: la sua amica Hanna, incinta, partorirà l’8 gennaio del ’18 un figlio maschio, finnicamente robusto e sano, che morirà molti anni più tardi, il 12 luglio 1990. Lui è Antti Kokkuoluoto, e il romanzo seguirà la sua esistenza – con più attenzione nei primi trent’anni di vita – dalla nascita fino a quel fatidico giorno di luglio del ’90, che segnerà un grandioso finale del romanzo. Seguendo Antti, il romanzo si imbatterà in tutte le vicende più importanti del Novecento finlandese, di cui il protagonista è spesso attore in prima persona: indipendenza, guerra civile, guerra mondiale, guerra di Lapponia, minacce di colpo di stato, ma anche Olimpiadi e una nuova era di sviluppo e progresso; la storia della Finlandia è davvero complessa, e il romanzo è anche un modo divertente per conoscerla meglio.

(Apro una parentesi sull’edizione Iperborea: la piccola casa editrice specializzata in letteratura nordica negli ultimi tempi ha purtroppo perso la commendevole abitudine di chiudere i propri libri con una postfazione che inquadri meglio il romanzo in questione. Stavolta però – e speriamo che sia un ripristino della vecchia politica – l’Iperborea si è superata con un grandissimo lavoro: non solo è tornata ad esserci una puntuale postfazione che aiuta a comprendere meglio il romanzo, ma c’è anche una nota sulla storia della Finlandia che consente a noi italiani, ahinoi non molto competenti sulle vicende storiche del nord Europa, di seguire il testo senza problemi. Ben fatto, Iperborea!)

Sin dalle prime pagine si capisce quindi che siamo di fronte ad un tipico romanzo di Paasilinna, la cui essenza traspare di rigo in rigo, con il suo stile piano e leggero – tanto che a volte il racconto è pure troppo “tirato via”, cosa che può essere criticabile, anche se probabilmente una narrazione con più indugi avrebbe minato la levità di fondo che pervade l’intero testo. Eppure, qualcosa di diverso rispetto al solito c’è. Sangue caldo, nervi d’acciaio è un’opera sicuramente meno comica delle precedenti, più attenta a seguire anche un progetto di racconto più “alto”. È d’altra parte un’opera di un Paasilinna maturo (è uscita in patria nel 2006, quando l’Autore aveva 64 anni) che non rinuncia al comico ma cerca anche percorsi narrativi più seri e impegnati. Sorriso e follia finnica non mancano, ma c’è anche orgoglio patriottico in un romanzo che vuole essere anche una sorta di affresco di storia della Finlandia, una celebrazione poco canonica e mai seriosa ma comunque nemmeno impertinente della sua amata terra patria. Non è un testo paragonabile a Cent’anni di solitudine di García Márquez che, anche solo per le intenzioni da cui è scaturito, è su un altro pianeta, ma qualche istanza comune di fondo c’è.

Per questo racconto, quindi, Paasilinna ha scelto come cardine una famiglia che ha messo lo zampino in tutte le vicende più importanti del Novecento finlandese; nel fare questo, l’Autore ha pertanto dovuto rinunciare agli emarginati – o comunque ai personaggi di “rottura” – che sono spesso stati protagonisti dei suoi romanzi. È una novità non da poco, che si sposa con la scelta di fare un racconto meno comico del solito: la vicenda è stavolta medio-alto-borghese (anche se non mancano personaggi più eccentrici come proprio la sciamana). D’altra parte, una vicenda del genere narrata attraverso un personaggio “eccentrico” – come succede nel Centenario di Jonas Jonasson – avrebbe perso la sua carica di verosimiglianza ed esemplarità. Non per questo, comunque, ci si annoia: come già detto, Paasilnna sa narrare col sorriso anche le storie più drammatiche; vi riesce senza problemi anche con una storia celebrativa e patriottica come questa. Un’altra piacevole conferma.

Ma ecco che all’improvviso il suo corpo robusto fu preso da tremiti. Chiuse gli occhi ed entrò all’istante in contatto con il lato nascosto della realtà. Come il fascio di luce di un faro, il suo spirito spazzò l’arcano oceano segreto della chiaroveggenza. Una certezza la colpì, una certezza nata dalle altezze insondabili del cielo, apparsa dalle nuvole di tempesta sotto le sembianze di un’ossifraga, un’immensa aquila marina bicefala! L’uccello era foriero di un avvincente messaggio con due date precise. Il prossimo 8 gennaio Linnea avrebbe aiutato a venire al mondo un bambino. E quel bambino sarebbe morto nell’estate del 1990. Quando una sciamana si addormenta, il suo cervello resta vigile.
(pagg. 9-10)

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